I principali vulcani italiani.

Stromboli è una delle sette isole che compongono l’arcipelago delle Eolie. E’ ritenuto uno dei vulcani più attivi al mondo, in considerazione della sua attività eruttiva persistente a condotto aperto, denominata appunto “stromboliana”. Ogni 10-20 minuti ricorrono, infatti, esplosioni di moderata energia, con lancio di brandelli di lava incandescente, lapilli e cenere fino a qualche centinaio di metri di altezza. Le esplosioni hanno origine da diverse bocche, allineate in direzione nord-est sud-ovest, situate all’interno di una terrazza craterica a circa 700m di quota nella parte alta della Sciara del Fuoco, uno dei versanti del vulcano.

Oltre all’attività esplosiva, cosiddetta “ordinaria”, i crateri sono periodicamente interessati da altre tipologie di esplosioni: quelle “maggiori” e quelle “parossistiche”. Le esplosioni maggiori posso verificarsi diverse volte l’anno e possono causare la ricaduta di materiali pesanti – blocchi rocciosi e bombe vulcaniche – nella parte alta del vulcano; mentre quelle “parossistiche” hanno tempi di ritorno di qualche anno e possono lanciare materiali pesanti a maggiore distanza, interessando anche le quote più basse, e raggiungere anche i centri abitati, come è accaduto durante l’eruzione del 5 aprile 2003. Talvolta, l’attività esplosiva può lasciare il posto a colate laviche che si riversano lungo la Sciara del Fuoco.

I fenomeni eruttivi, in particolare le colate laviche e le esplosioni parossistiche, possono destabilizzare il versante della Sciara del Fuoco provocando frane che coinvolgono le parti emerse e/o sommerse della struttura. Gli eventi franosi possono anche innescare maremoti con effetti lungo le coste dell’isola stessa, nonché di Panarea ed eventualmente delle altre isole Eolie, della Calabria e della Sicilia.

Le esplosioni di maggiore energia possono infine creare condizioni di rischio sia nella parte alta della montagna, sia, in misura minore, nelle zone abitate. Sull’isola i centri abitati sono due: Stromboli e Ginostra, situati rispettivamente nei settori nord-orientale e sud-occidentale.

Attualmente lallerta per Stromboli è verde. I parametri di monitoraggio sono nella norma con un’attività vulcanica di tipo stromboliano persistente e di intensità ordinaria.

L’Etna, con i suoi 3350m di altitudine e 35km di diametro alla base, è il vulcano più grande d’Europa. Situato lungo la costa orientale della Sicilia, ricopre un’area di circa 1250km2 ed è limitato a nord dai monti Nebrodi e Peloritani e a sud dalla piana alluvionale del fiume Simeto.

La sua formazione risale a circa 100mila anni fa. Negli anni, l’alternanza di attività effusiva ed esplosiva, con colate di lava e depositi piroclastici, ha portato alla stratificazione di prodotti vulcanici. Per questo, l’Etna si definisce uno strato-vulcanico di natura basaltica.

Le sue bocche eruttive si trovano nella parte sommitale dell’edificio vulcanico e sono Bocca Nuova, Voragine, Cratere di nord-est e Cratere di sud-est. Ciascuna di esse ha un diametro di circa 200m. Sulle pendici del vulcano si trovano inoltre centinaia di piccoli coni “avventizi”, che si sono generati nel corso dei millenni durante eruzioni dai fianchi laterali.

La struttura morfologica principale del vulcano è la Valle del Bove, una depressione che si apre verso il mare, sul fianco orientale del vulcano. La valle è larga circa 5km e lunga 8, mentre la scarpata, nella sua parte più scoscesa è alta 1200m. La sua origine risale a circa 10.000 anni fa quando il susseguirsi di eruzioni esplosive provocò alcuni collassi o frane lungo il fianco del vulcano.

Attualmente il livello di allerta per l’Etna è giallo, ossia il vulcano si trova in stato di potenziale disequilibrio.

I Campi Flegrei sono una vasta area di origine vulcanica situata a nord-ovest della città di Napoli. Si tratta di una zona dalla struttura singolare: non un vulcano dalla forma di cono troncato ma una vasta depressione o caldera, ampia circa 12x15km.

Nel 1538 si è verificata l’ultima eruzione che, pur essendo fra le minori dell’intera storia eruttiva dei Campi Flegrei, ha interrotto un periodo di quiescenza di circa 3000 anni e, nel giro di pochi giorni, ha dato origine al cono di Monte Nuovo, alto circa 130 m. Da allora, l’attività ai Campi Flegrei è caratterizzata da fenomeni di bradisismo, attività fumarolica ed idrotermale localizzata nell’area della Solfatara.

La storia eruttiva dei Campi Flegrei è dominata dalle eruzioni dell’Ignimbrite Campana e del Tufo Giallo Napoletano. Questi eventi sono stati così violenti che i volumi di magma prodotti e la velocità con cui sono stati emessi hanno causato collassi e originato caldere. Per questo, la forma dell’area è quella di un semicerchio bordato da numerosi coni e crateri vulcanici.

La parola “flegrei” che deriva dal greco flègo “brucio”, “ardo”, non è però riferita alle manifestazioni eruttive poiché in epoca romana il vulcano era quiescente da secoli. L’attributo sembra piuttosto derivare dalla presenza di numerose fumarole e acque termali, conosciute e sfruttate fin dall’antichità. Nella zona sono infatti riconoscibili diverse aree soggette ad un vulcanismo di tipo secondario, come fumarole e sorgenti termali. In particolare, nell’area della Solfatara si verificano manifestazioni gassose mentre le località di Agnano, Pozzuoli, Lucrino sono note per le acque termali.

Il fenomeno di bradisismo che caratterizza l’area consiste in un lento movimento di sollevamento e abbassamento del suolo. Le fasi di abbassamento, che attualmente rappresentano la condizione normale, sono asismiche e sono caratterizzate da bassa velocità. Le fasi di sollevamento, presentano invece maggiore velocità del moto del suolo e sono accompagnate da intensa attività sismica locale. L’ultima crisi bradisismica si è verificata nel 1983.

Sulla base dei dati di monitoraggio a oggi registrati e delle valutazioni espresse dalla Commissione Grandi Rischi a dicembre 2012, poi ribadite negli anni successivi fino a oggi, il Dipartimento ha ritenuto di mantenere il livello di allerta “giallo” ai Campi Flegrei. A differenza del livello di allerta “verde”, che corrisponde all’attività ordinaria del vulcano, questo livello è infatti determinato dalla variazione di alcuni dei parametri monitorati.

Pantelleria è un’isola vulcanica che si trova nel Canale di Sicilia, a circa 85 km dalla costa siciliana e a soli 70 km dalle coste del Nord Africa. Con una superficie di 84 km2, Pantelleria è la più grande delle isole vulcaniche italiane. Questo vulcano deve la sua esistenza alla presenza di un rift continentale (depressione allungata in cui lo spessore della crosta terrestre si assottiglia sotto l’effetto di forze distensive) in un contesto geodinamico caratterizzato dalla collisione fra le placche eurasiatica e africana. L’isola rappresenta la vetta di una struttura vulcanica, alta complessivamente circa 1400m, costituita da lave e depositi piroclastici che emergono dal fondale marino circostante.
L’attività eruttiva più recente risale al 1891 ed è avvenuta in corrispondenza di un sistema di fratture eruttive subacquee, a circa 7 km a Nord dell’isola (Banco Foerstner).

Allo stato attuale, sull’isola vulcanica sono presenti solamente delle manifestazioni di termalismo diffuso, rappresentate da fumarole e sorgenti di acque calde.

Lipari, la più estesa delle Isole Eolie con poco meno di 38 km2 di superficie, occupa una posizione centrale nell’arcipelago delle Eolie. La forma irregolare allungata in direzione Nord-Sud, è legata ai numerosi centri eruttivi che la costituiscono. I punti più alti sono il Monte Chirica (602 m) e il Monte S.Angelo (594 m) rispettivamente nella parte settentrionale e centrale dell’isola.

Le vicende preistoriche dell’isola sono strettamente legate alla sua natura vulcanica. Nel neolitico raggiunse infatti grande importanza e ricchezza grazie all’ossidiana, un vetro vulcanico che si forma per il rapido raffreddamento di rocce effusive di tipo acido, che rappresentava il materiale più tagliente allora conosciuto e che veniva utilizzato per costruire armi e strumenti di uso domestico quotidiano.

Lipari è un sistema vulcanico attivo e quiescente, come dimostra una debole attività idrotermale nella parte occidentale dell’isola nonché l’occorrenza di eruzioni esplosive/effusive in epoca tardo romana e medievale.

Il bacino tirrenico è la parte più profonda del Mediterraneo occidentale: la Fossa del Tirreno raggiunge i 3800 metri di profondità. L’origine del Tirreno si inquadra in un ampio processo geologico che ha interessato tutta l’area mediterranea, legato alla convergenza tra la placca tettonica Eurasiatica e quella Africana. Il processo, iniziato 10 milioni di anni fa, contemporaneamente alla costruzione dei rilievi montuosi della catena appenninica, è contraddistinto da vulcanismo.

Il suo fondale è quindi caratterizzato dalla presenza di numerose dorsali sottomarine e da rilievi di tipo vulcanico.
In realtà, molti vulcani insulari o costieri hanno parti sottomarine estese. Ad esempio il 95% della superficie del vulcano Stromboli è sotto il livello del mare. Esistono però vulcani interamente sottomarini che possono avere dimensioni simili o maggiori rispetto a quelli in superficie.

I vulcani sottomarini sono molto difficili da studiare per la mancanza di accesso diretto. Ciò nonostante gli studi di geologia marina negli ultimi decenni hanno permesso una maggiore conoscenza della loro natura e del loro funzionamento. Osservazioni e prelievi di campioni vengono effettuati per mezzo di navi oceanografiche.

Nel caso dei mari italiani, l’attività vulcanica sottomarina è concentrata in alcune zone del Mar Tirreno e del Canale di Sicilia, dove la crosta terrestre è più sottile e fratturata. Alcuni vulcani sottomarini sono ancora attivi e talvolta manifestano la loro presenza rilasciando gas e deformandosi molto lentamente; altri ormai estinti rappresentano delle vere e proprie montagne sottomarine o seamounts. La loro attività risulta diversa da quella dei vulcani presenti sulla terra emersa, perché sono circondati dall’acqua marina, che raffredda rapidamente i prodotti emessi e talvolta frammenta il magma generando delle piccole esplosioni, i cui prodotti vengono in parte depositati sul fondo e dispersi dalle correnti marine.

Oltre ai più noti Marsili, Vavilov e Magnaghi, vanno ricordati i vulcani sottomarini Palinuro, Glauco, Eolo, Sisifo, Enarete e i numerosi apparati vulcanici nel Canale di Sicilia, dove le eruzioni sottomarine al largo di Pantelleria nel 1891 e al largo di Sciacca nel 1831 rappresentano le uniche testimonianze storiche di questo tipo di attività.

L’isola di Vulcano, la più meridionale delle sette isole che compongono l’arcipelago eoliano, ha un’estensione di 22 kmq ed ha un’altezza massima di 500m sul livello del mare (Monte Aria). Dal 1890 il vulcano si trova in una condizione di quiescenza con un’intensa attività di emissione di gas e vapore ad alta temperatura dal cratere di La Fossa e in prossimità del Porto di Levante.

L’isola ha una morfologia complessa, dovuta alla sovrapposizione di diverse strutture vulcaniche e all’alternarsi di fasi costruttive, con eruzioni effusive o esplosive di bassa energia, e fasi distruttive, con eruzioni violentemente esplosive.

E’ costituita da due centri eruttivi attivi in epoca storica: il cono di La Fossa e Vulcanello e rappresenta la parte emersa di un apparato vulcanico la cui base si trova a circa 900-1.000 m sotto il livello del mare.

Il cono di La Fossa ha una forma regolare, si eleva per circa 400m sul mare ed è formato da alternanze di tufi e colate di lava eruttati dal vulcano negli ultimi 6mila anni. É delimitato, nella parte sommitale, da una serie di orli craterici di età diversa. Il cratere attuale è quello lasciato dall’ultima eruzione esplosiva del 1888-90 e ha un diametro di 600m. Il fondo del cratere ha una quota di 210m sul livello del mare.

La struttura più recente, è la penisola di Vulcanello, all’estremità nord-orientale dell’isola, ed è costituita da una piattaforma lavica a pianta circolare del diametro di circa 1,4km, sormontata da tre coni piroclastici parzialmente sovrapposti.

Il Vesuvio è situato a meno di 12km a sud-est della città di Napoli e a circa 10km da Pompei, in un’area popolata sin dall’antichità. Questo ha permesso di raccogliere numerose testimonianze sulla sua attività, rendendolo uno dei vulcani più conosciuti al mondo. L’eruzione di gran lunga più famosa è quella del 79 d.C. che distrusse Pompei, Ercolano e Stabia.

Il complesso vulcanico del Somma-Vesuvio è composto da un edificio più antico, il Somma, caratterizzato da una caldera, e da un cono più giovane, il Vesuvio, cresciuto all’interno della caldera dopo l’eruzione di Pompei del 79 d.C..

Dal 1944, anno della sua ultima eruzione, il vulcano si trova in stato di quiescenza caratterizzato solo da attività fumarolica e bassa sismicità. Non si registrano fenomeni precursori indicativi di una possibile ripresa a breve termine dell’attività eruttiva. Il Vesuvio è sorvegliato 24 ore su 24 dalla rete di monitoraggio dell’Osservatorio Vesuviano, la sezione di Napoli dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Ingv.

Per salvaguardare la vita delle 700mila persone che vivono alle falde del vulcano, il Dipartimento ha realizzato un Piano Nazionale di emergenza con la collaborazione di tutte le componenti e le strutture operative del Servizio Nazionale di Protezione Civile.

Attualmente il livello di allerta al Vesuvio è verde, ossia non si registra alcun fenomeno anomalo rispetto all’ordinaria attività che caratterizza da decenni il vulcano.

schia è un’isola formata da numerosi vulcani, che si erge per circa 900m dal fondo del mare, nella parte nord-occidentale del Golfo di Napoli. Si sono verificate eruzioni fino al 1302, anno dell’ultimo evento: l’accumulo dei prodotti vulcanici ha così costruito un’isola ampia circa 46km2 che raggiunge un’altezza massima di 787m sul livello del mare, in corrispondenza del Monte Epomeo.

La maggior parte dell’isola è costituita da depositi di eruzioni sia effusive che esplosive, che hanno costruito edifici vulcanici, alcuni dei quali ancora ben visibili nel settore sud-orientale dell’isola, altri del tutto smantellati o sepolti. Molto diffusi sono anche i depositi di frane che derivano dall’accumulo di materiale vulcanico preesistente.

La struttura dei Colli Albani, circa 20 km a sud di Roma, è la più meridionale di una catena di vulcani, che si sviluppa lungo la costa tirrenica del Lazio. L’evoluzione del vulcanismo in questa zona è strettamente legata alla tettonica distensiva che ha interessato il margine occidentale della catena appenninica durante gli ultimi due milioni di anni.

I Colli Albani rappresentano un apparato centrale complesso, risultato di un’attività prevalentemente esplosiva alternata a lunghe fasi di inattività. La morfologia ricorda quella del Somma-Vesuvio, con un bordo che racchiude un’area pianeggiante del diametro di circa 8 km, al cui interno vi è un altro vulcano. I prodotti dell’attività più antica formano il bordo esterno dei Monti Tuscolani e dell’Artemisio. All’interno di questa struttura semi-circolare sorge poi il vulcano più recente, il cono delle Faete. Quest’ultimo, alto 932 m, degrada verso Sud-Ovest, dove è interrotto dai crateri che ospitano ora il lago di Albano e quello di Nemi.

L’attività eruttiva iniziò 600.000 anni fa e si protrasse fino ad almeno 20.000 anni fa. Allo stato attuale questo complesso vulcanico è considerato quiescente, presentando tuttora evidenze di attività idrotermale e sismica.

Situata circa a metà strada tra le isole di Lipari e Stromboli, Panarea è la più piccola delle Isole Eolie con una superficie di soli 3,4 km2.

Come altre isole dell’arco eoliano, Panarea fa parte di un grande apparato vulcanico per lo più sommerso, ad una profondità compresa tra 1200 m e 1700 m, di cui la parte emersa rappresenta l’orlo di una depressione vulcano-tettonica di forma ellittica orientata in direzione Est-Ovest.

La struttura vulcanica si estende complessivamente per 460 km2, andando a costituire nell’insieme un grande cono modellato e modificato non solo dall’attività eruttiva, ma anche da faglie, erosione e variazioni della linea di costa. Ne derivano una costa occidentale caratterizzata da una ripida falesia, mentre a Est e a Sud i versanti degradano verso il mare con zone pianeggianti.

In mare, verso Est, vi sono poi una serie di scogli (Lisca Bianca, Bottaro, Lisca Nera, Dattilo, i Panarelli, le Formiche) e lo scosceso isolotto di Basiluzzo.

Sebbene vicina a Stromboli, Panarea ha una storia vulcanologica completamente diversa: mentre Stromboli è un vulcano ancora attivo, le ultime eruzioni di Panarea sono datate decine di migliaia di anni fa e di molte strutture vulcaniche restano solamente piccole tracce.

Panarea quindi sebbene si trovi in uno stato di quiescenza, è caratterizzata da manifestazioni che testimoniano un vulcanismo molto giovane. Esiste infatti, tra gli isolotti e scogli ad Est dell’isola, una zona caratterizzata da attività esalativa, con fumarole sottomarine attive, luogo di importanti emissioni gassose nell’autunno 2002.

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