Dopo l’incidente nella centrale nucleare di Chernobyl del 1986, e la moratoria sull’impiego del nucleare a uso pacifico con il referendum popolare del 1987, l’Italia interrompe l’attività delle proprie centrali ed elabora una prima versione del Piano Nazionale per le emergenze nucleari.
Nonostante la chiusura delle centrali nucleari in Italia, l’attenzione al rischio nucleare resta alta, soprattutto per la presenza di impianti nucleari in territorio estero a meno di 200 km dal confine nazionale. Entro tale distanza sono attualmente attive tredici centrali nucleari di potenza in Francia, Svizzera, Germania e Slovenia.
Il piano nazionale d’emergenza per le emergenze radiologiche, approvato con decreto del Presidente del Consiglio del 19 marzo 2010, individua e disciplina le misure necessarie per fronteggiare gli incidenti che avvengono in impianti nucleari al di fuori del territorio nazionale, tali da richiedere azioni di intervento coordinate a livello nazionale.
Il rischio radiologico è il rischio corrispondente all’esposizione indebita o accidentale alla radioattività artificiale. Se nell’esposizione sono coinvolte materie fissili, in particolare uranio e plutonio, si parla anche di rischio nucleare.
La radiazione è solitamente classificata in base agli effetti che produce nell’interagire con la materia: si parla quindi di radiazione ionizzante oppure di radiazione non ionizzante. Quest’ultima comprende fenomeni quali la luce ultravioletta, il calore radiante e le micro-onde.
La radiazione ionizzante comprende:
- i fenomeni di radioattività naturale non connessi alle attività umane, come i raggi cosmici e la radiazione proveniente dalle materie radioattive contenute nel terreno;
- i fenomeni di radioattività artificiale causati dall’attività umana, come le sorgenti di raggi X per usi medici.
La sezione è dedicata esclusivamente alla radiazione ionizzante, con particolare riguardo alla radioattività artificiale, e alla gestione dei rischi connessi all’esposizione della popolazione a tale forma di radiazione.
Sorgenti di rischio radiologico e nucleare in Italia
Le possibili sorgenti di rischio radiologico e nucleare in Italia sono connesse agli utilizzi delle materie radioattive artificiali. Gli usi più significati della radioattività nel nostro Paese, sono legati a:
- applicazioni mediche per terapia (sorgenti radioattive di grande intensità e di lunga vita media);
- applicazioni mediche per diagnostica (sorgenti radioattive di bassa intensità e di vita media breve);
- applicazioni industriali (sorgenti radioattive di media intensità e lunga vita media);
- ricerche scientifiche (Impianti nucleari di potenza zero, acceleratori di particelle, sorgenti di taratura);
- trasporto sul territorio italiano di materie radioattive per le applicazioni elencate;
- sosta in alcuni porti predeterminati e appositamente attrezzati di naviglio militare a propulsione nucleare;
- produzione di energia elettrica (ferma per la moratoria decisa da Governo e Parlamento);
- rifiuti radioattivi derivanti dalle applicazioni precedenti.
Gli impianti nucleari in Italia e vicino al confine
In Italia, le quattro centrali nucleari per la produzione di energia elettrica sono state spente e svuotate del combustibile nucleare. La decisione è stata assunta in base alla moratoria sull’impiego del nucleare a uso pacifico con il referendum popolare del 1987. L’Italia ha interrotto così l’attività delle proprie centrali ed elaborato una prima versione del Piano Nazionale per le emergenze nucleari. I siti al momento sono in fase di disattivazione, in vista del completo smantellamento e della restituzione del terreno ad usi civili. L’attenzione al rischio nucleare resta comunque alta per la presenza di centrali a meno di 200 km dal confine italiano. Entro questa distanza sono attualmente attive tredici centrali nucleari in Francia, Svizzera, Germania e Slovenia.
L’attività di prevenzione riveste un ruolo di primo piano per eliminare o ridurre i possibili danni legati al rischio nucleare.
Importante strumento è il Piano delle misure protettive contro le emergenze radiologiche del 1° marzo 2010 che ha revisionato il precedente del 1996. Il Piano individua le misure per fronteggiare le conseguenze di incidenti in impianti nucleari al di fuori del territorio nazionale per cui è richiesto un coordinamento delle risorse a livello nazionale. Il Piano è stato redatto dal Dipartimento della Protezione Civile in collaborazione con Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
Il monitoraggio della radioattività a livello nazionale e regionale, indispensabile anche per garantire un’informazione preventiva e in emergenza alla popolazione, viene relizzato attraverso un sistema di reti di monitoraggio.
Anche la partecipazione alle esercitazioni internazionali è un importante strumento di prevenzione e di verifica, per un aggiornamento del piano di emergenza e delle risorse di intervento.
L’Italia, in qualità di stato membro della Unione Europea, aderisce al protocollo di scambio di informazioni radiometriche EURDEP – European Union Radiological Data Exchange Platform ed è connessa al sistema di scambio rapido di informazioni ECURIE – European Community Urgent Radiological Information Exchange. L’impegno italiano nel quadro degli accordi internazionali si traduce invece nell’adesione alle Convenzioni Internazionali della IAEA – International Atomic Energy Agency, quale firmatario delle Convenzioni sulla pronta notifica e sull’assistenza in caso di emergenze nucleari.
In Italia la normativa in materia di radiazioni ionizzanti deriva sostanzialmente dal recepimento delle Direttive comunitarie di settore. Il testo base è rappresentato dal Decreto Legislativo n. 230 del 17 marzo 1995. In particolare il capo X del provvedimento è dedicato alla pianificazione di emergenza e all’informazione alla popolazione. Vengono introdotti, in conformità alla generale normativa sulla pianificazione di emergenza, sia il Piano Nazionale delle emergenze radiologiche sia i Piani di emergenza relativi a scenari di natura locale o provinciale.
Piano nazionale delle misure protettive contro le emergenze radiologiche
Informazione alla popolazione, norme di comportamento e protezione
Piano nazionale delle misure protettive contro le emergenze radiologiche
Il Piano nazionale delle misure protettive contro le emergenze radiologiche individua e disciplina le misure necessarie per fronteggiare gli incidenti che avvengono in impianti nucleari al di fuori del territorio nazionale, tali da richiedere azioni di intervento coordinate a livello nazionale. Il Piano definisce le procedure operative per la gestione del flusso di informazioni tra i diversi soggetti coinvolti, l’attivazione e il coordinamento delle componenti del Servizio Nazionale e il modello organizzativo per la gestione dell’emergenza.
Lo scenario di riferimento del Piano non esaurisce la casistica dei possibili incidenti legati all’utilizzo o al trasporto di materie radioattive o fissili nel territorio italiano. A ogni tipologia di rischio radiologico deve comunque corrispondere, prima della fase di pianificazione, una valutazione tecnico-scientifica degli scenari di riferimento, delle conseguenze sull’ambiente e sulla salute, dei mezzi necessari per il rilevamento della radioattività e del territorio colpito dall’incidente.
Nel documento sono riportate le azioni che le autorità statali e locali devono intraprendere per limitare gli effetti della diffusione di una eventuale nube radioattiva, e le procedure per l’attivazione e il coordinamento delle principali componenti del Servizio nazionale della protezione civile. Il Piano indica le modalità per lo scambio di informazioni tra le autorità, e la diffusione delle stesse alla popolazione che può essere coinvolta dall’incidente.
Ogni tipologia di evento incidentale deve essere analizzata e studiata in un apposito documento di Presupposti Tecnici, come base di riferimento per la pianificazione. Lo schema seguente dà una breve sintesi della struttura di responsabilità valida al momento in Italia, per quanto riguarda la pianificazione di emergenza in materia di radiazioni ionizzanti.
Reti di monitoraggio
Oltre alle procedure codificate nel Piano, le autorità italiane hanno a disposizione una serie di strumenti per il monitoraggio tecnico – scientifico degli eventi calamitosi. L’Italia si è dotata a partire dagli anni ottanta di un sistema di reti di sorveglianza per il monitoraggio della radioattività che comprende reti nazionali e regionali. Le reti nazionali – coordinate dall’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – sono la rete Resorad per il monitoraggio della radioattività ambientale e le reti di allarme, tra loro complementari, Remrad e Gamma.
A queste si affianca la rete del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Nata durante il periodo della guerra fredda, è stata completamente rivista e ristrutturata negli anni novanta, rendendola idonea ad un monitoraggio radiometrico di maggiore dettaglio.
In caso di emergenza, vengono intensificate le misure radiometriche, eseguite periodicamente dai laboratori delle Arpa, Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente. I dati raccolti dalle reti di monitoraggio, insieme con le previsioni meteorologiche e altre informazioni fornite da specifiche banche dati, confluiscono nel sistema di calcolo Aries, messo a punto dall’Ispra, che elabora previsioni e modelli di diffusione di una eventuale nube radioattiva su scala europea.
Informazione alla popolazione, norme di comportamento e protezione
Per una corretta gestione dell’emergenza è indispensabile che la popolazione sia informata in anticipo sui rischi a cui è esposta, sui piani d’emergenza, sulle istruzioni da seguire in caso d’incidente e sulle misure urgenti da adottare.
L’informazione al pubblico avviene in due fasi:
• preventiva: sensibilizzazione sugli aspetti importanti della pianificazione e sulle azioni protettive necessarie in caso di emergenza nucleare;
• in emergenza: informazione tempestiva alla popolazione interessata, o potenzialmente interessata da un evento, sui comportamenti da adottare per ridurre l’esposizione alle radiazioni ionizzanti.
La regolare partecipazione alle esercitazioni internazionali organizzate dall’Unione Europea, dall’IAEA – International Atomic Energy Agency, dalla NEA – Nuclear Energy Agency e dalle altre organizzazioni internazionali, nonché la predisposizione di apposite esercitazioni nazionali, consentono una periodica revisione dell’intero sistema di supporto alla gestione delle emergenze e un progressivo affinamento delle misure di sicurezza previste dal piano nazionale.
Descrizione delle emergenze nucleari e radiologiche internazionali dalla fine degli anni Cinquanta ad oggi.
Fukushima (2011)
La mattina dell’11 marzo alle 6.46 – ora italiana, il Giappone settentrionale è colpito da un terremoto di magnitudo Mw 9.0 e da un conseguente tsunami. L’epicentro è localizzato in mare aperto vicino alla costa orientale di Honshu (l’isola più grande del Giappone), a circa 130 km ad est della città di Sendai e a 373 km a nord-est di Tokyo. Gli effetti del maremoto, provocati da un’onda che supera i 10 m di altezza, interessano, con livelli di danno diversificati, un tratto di costa lungo circa 400 Km.
Dei 55 reattori nucleari in funzione in Giappone, distribuiti su 17 siti, sono interessati dal sisma 11 reattori, con un particolare coinvolgimento della centrale Dai-ichi, e il conseguente rilascio di radioattività nell’ambiente. Le autorità giapponesi adottano provvedimenti di tutela della popolazione: evacuazionedella popolazione nel raggio di 20 Km dalla centrale di Fukushima , riparo della popolazione in luoghi chiusi nella successiva fascia tra i 20 e 30 Km, forniture di iodio stabile ai centri di distribuzione, pronto per la somministrazione in caso di necessità, raccomandazione di assumere iodio stabile per le persone all’interno della zona di evacuazione (20 km)
Goiânia (1987)
Nel 1987, alcuni abitanti della città di Goiânia in Brasile trovano una sorgente di 137 Cs (metalli alcalini nella forma di cloruro di Cesio) abbandonata nei locali di una società medica.
Il tentativo di recuperare il metallo dall’alloggiamento e la conseguente rottura della sorgente di Cesio in forma salina, ne determina la propagazione tra la popolazione a causa della fluorescenza dei sali in polvere. La conseguente contaminazione dei cittadini provoca il decesso di quattro persone oltre a numerosi casi di ustioni da radiazione.
Il principale provvedimento radioprotezionistico prevede oltre alla cura delle persone esposte, anche la decontaminazione con l’abbattimento di sette abitazioni e la produzione di 3.500 m3 di rifiuti radioattivi.
Chernobyl (1986)
Il 26 aprile 1986, nella centrale nucleare di Chernobyl, a circa 100 km da Kiev, l’esplosione di uno dei quattro reattori in funzione causa la rimozione parziale del coperchio di cemento, con il conseguente rilascio di radionuclidi nell’atmosfera. Il rilascio è continuato per circa dieci giorni, causando una gravissima contaminazione radiologica di vaste aree di territorio.
L’area di evacuazione si estende per 30 km intorno al sito e coinvolge 135.000 individui. Alla contaminazione dei generi alimentari, bestiame e acqua potabile si accompagna una restrizione della vendita e del consumo ancora in atto in alcune aree dell’ex Unione Sovietica.
L’evento si colloca al 7° livello della scala INES: incidente molto grave.
Three Mile Island (1979)
Il 28 marzo 1979, nella centrale nucleare di Three Mile Island, in Pennsylvania (USA), il guasto tecnico in uno dei due reattori provoca la fusione di un terzo del combustibile, e il rilascio di prodotti di fissione all’interno del sistema di contenimento, gas nobili oltre che un piccolo quantitativo di iodio nell’atmosfera.
Gestanti e bambini in età prescolare sono allontanati se residenti entro le 5 miglia dall’impianto, per un totale di circa 25.000 abitanti; entro le 10 miglia è invece consigliato il riparo in ambienti chiusi. Nessuna restrizione ai consumi alimentari.
L’incidente sarebbe stato probabilmente classificato come incidente “con conseguenze esterne”, al 5° livello della scala INES, nonostante il verificarsi di una sequenza grave di danneggiamento del nocciolo del reattore.
Kyshtym (1957)
Il 29 settembre 1957, nelle vicinanze della cittadina russa di Kyshtym, negli Urali meridionali, esplode uno dei serbatoi d’acciaio utilizzati per lo stoccaggio delle scorie ad alta radioattività (HLW) di Chelybinsk – 40, l’installazione militare per la produzione di materiali per armi nucleari.
Per il rilascio all’esterno del sito dei prodotti di fissione e l’importanza del provvedimento di evacuazione della popolazione, l’evento sarebbe stato classificato probabilmente, secondo la scala INES (Scala Internazionale degli Eventi Nucleari), come “incidente severo”, 6° livello.
Windscale (1957)
Il 7 ottobre 1957, sulla costa del Cumberland, nell’Inghilterra nord occidentale, un incendio coinvolge l’impianto di Windscale gestito dall’UKAEA (United Kingdom Atomic Energy Authority). L’incidente è causato dal surriscaldamento, e dall’inizio del processo di fusione del combustibile in uno dei due reattori utilizzati per produrre plutonio.
Il primo rilascio di radioattività è del 10 ottobre dello stesso anno, la contaminazione del latte con iodio radioattivo causa un divieto al consumo.
Per i gravi rischi riscontrati al di fuori del sito, l’evento sarebbe stato classificato probabilmente al 5° livello della scala INES: incidente con conseguenze esterne.